L’energia negativa della Sardegna, l’energia positiva e civile della sua rivolta *

Statuetta medio-neolitica da Decimoputzu (da G. Lilliu, Arte e religione della Sardegna prenuragica, Sassari 1999, fig. 15).

(Anche in questa battaglia era motore straordinario di passione e competenza Vincenzo Migaleddu, che ci ha appena lasciato, consegnandoci un dolore e un patrimonio di saperi inenarrabile. Ho inviato questo pezzo al ‘manifesto’ venerdì scorso, prima della tua partenza. Chircamus de binchere, lu devimus a tie puru).

Il territorio è un’entità impersonale, buona per misurazioni e cubature, e i luoghi, che esprimono le comunità, provano a dargli un senso diverso: tra questi due poli spesso è conflitto. E’ forte e deciso il no che arriva dalla Sardegna contro l’esproprio legalizzato di terre e prospettive sostenibili grazie alle megacentrali termodinamiche, che si apprestano a calare su Gonnosfanadiga e Guspini, Decimoputzu e Villasor. Un no molto aspro      
dopo il parere positivo dato il 22 luglio scorso della commissione tecnica del Ministero dell’Ambiente sulla Valutazione di Impatto Ambientale del progetto ‘Flumini Mannu’ (comuni di Decimoputzu e Villasor) della Green Power, gruppo Angelantoni: pannelli solari radianti su quasi trecento ettari, ‘espropriabili’ (ma alcuni imprenditori agricoli operanti su questi terreni, come il combattivo signor Cualbu, non sembrano esattamente d’accordo). Una seconda

Gonnosfanadiga, Guspini

è prevista al confine fra Gonnosfanadiga e Guspini: più ampia, con i suoi trecento ettari, dell’intera area del centro di Guspini. Queste centrali termodinamiche in Sardegna, proposte talora con spostamenti continui di localizzazione – quattro anni fa progetti di soggetti simili furono respinti a Cossoine, nel nord dell’isola – e forti dimensionamenti al fine di sottrarle alle competenze regionali, ci parlano di accaparramento delle terre,

Decimoputzu, Villasor

il cosiddetto ‘land grabbing’, per fini speculativi. Fenomeno storicamente ben noto, che oggi si nutre di energia. Con estensione curiosa del concetto di pubblica utilità se una Regione, in senso ampio e non solo istituzionale, vi si oppone, ed ha peraltro una sovrapproduzione di energia, che esporta: speriamo che non dipenda dai contributi pubblici per chi produce energie rinnovabili, nè dalle relazioni che dicono ottime di Angelantoni con Presidente del Consiglio e ricerca di Stato (come l’Enea).

I terreni agricoli sono simili a quelli ben descritti da Emilio Sereni – che pure trascurava la Sardegna – nel suo Storia del paesaggio agrario italiano. Ci vai e vedi pianure e montagne come quinte in un’ampia area delimitata a nord-ovest dal castello di Arcuentu e a sud da quello di Acquafredda. Grandi serie monumentali dalla preistoria al medioevo; campi aperti e montagne, sorgenti: paesaggi culturali, identità che trova senso nei luoghi e ritroviamo nel ‘no’ della Soprintendenza che sottolinea il rischio di distruzione della tipologia dell’openfield, irreversibile, attraverso la ‘distorsione della percezione e detrimento dei valori storico-culturale e paesaggistico’.

L’opposizione sociale espressa da comitati, sindaci, associazioni e forze ambientaliste, movimenti indipendentisti si è costituita in forma unitaria (Consulta Ambiente Territorio Energia) ed ha manifestato con forza il 25 marzo scorso a Gonnosfanadiga. Anche istituzionalmente la situazione è in movimento: se a suo tempo la Regione diede parere negativo, da poco persino il Presidente Pigliaru ha dovuto esprimere al premier Gentiloni «il forte malcontento e la netta contrarietà della popolazione alla realizzazione di questi impianti», e le «forti tensioni di carattere economico-sociale che potrebbero derivarne».

Questo termodinamico piuttosto ingombrante è ora sul tavolo del Presidente del Consiglio, come prescritto dalla procedura, e rappresenta un test delicato che non sfuggirà a Gentiloni. Lo è anche per una classe politica che – dopo lo ‘Sblocca Italia’ – ha provato senza riuscirci a sistemare le autonomie territoriali con il referendum costituzionale, che in Sardegna ha registrato una sconfitta particolarmente netta, e prosegue costruendo modifiche ed eccezioni alle norme della tutela: sulle regole della Valutazione di Impatto Ambientale, sui parchi, sulle trivelle con concessioni entro le 12 miglia! Intanto la nuova proposta di legge urbanistica regionale mostra parole avvenenti (‘Programmi e progetti ecosostenibili di grande interesse sociale ed economico’) e formule grimaldello come ‘l’accordo di programma’.

Se oggi i paesaggi della Sardegna, complessi e irripetibili, sono attraversati da un diffuso senso di appartenenza, dal racconto che diventa proposta, reticolare e integrata, di transiti e letture, tragitti e itinerari, e su questa base si pensa di costruire ricchezza, inserire impianti del genere significa sabotare, anche alterando i ‘punti di vista, passaggio e osservazione’, una delle risorse principali della Sardegna.

Quando poi, a prescindere dai modelli, l’intervento vuole essere autorizzato nonostante la contrarietà generale, si pone, come abbiamo detto all’inizio, un serio problema di democrazia. Gli specchi prodigiosi di questi pannelli solari riflettono un modello neo-centralista e post-coloniale che sarebbe saggio, oltreché democratico, abbandonare.

*  Pubblicato su ‘il manifesto, (13.04. 2017, ultima pagina) con il titolo ‘L’energia negativa della Sardegna’