Sto provando a radunare le tracce e i pezzi della mia identità: hanno forme e morfologie diverse, certe passano (passarono) con lo splendore e la velocità di una stella cadente, altre sono più simili a boe. Oppure a memorie che si riaprono, magari ad una nuova comprensione.
Ripesco allora dai miei primi anni e dalle estati da nonna, da quelle poche decine di giorni che interrompevano le quotidiane nebulosità padane, questo frammento, perchè mi è impossibile dimenticare quelle mattine quando nonna Buciana mi conduceva – l’accompagnavo per qualche acquisto o per trovare le amiche alla fontanella se arrivava, una volta al giorno, l’acqua – per quelle strade così lunghe del paese.
Mi raccontava chi era questo o quella, e ad ognuna aveva dedicato una poesia: centinaia, che se ne andarono con lei perché non le ripeteva volentieri. E nessuno capiva che sarebbe stato importante averne la traccia, fargliele raccontare dentro quel registratore Geloso a tasti tondi e colorati che non temeva.
Mi colpivano i soprannomi della gente: fantasiosi, a volte beffardi, o taciuti perché non stava bene dirmeli (come cazzinieddu o piscirielle). Nessuno mi restò nel cuore, quando me lo raccontò, come Mastru Capisci.
Potei osservarlo, in silenzio, attraverso le persiane di una delle vie lunghe che portavano intro ‘e idda. Un piccolo viso tondo, accigliato, la barba appena fatta.
Seduto di fronte alla moglie, che chiameremo Marianzela – lei stava su una minuscola sedia di legno, con le mani sul grembiule nero a piccolissimi pallini bianchi, il fazzoletto attorno alla testa annodato sotto il mento – leggeva la Nuova Sardegna, gigantesco giornale con una magnifica N a volute, svolazzanti.
La leggeva tutta, riga per riga. Gli articoli, la pubblicità, gli annunci mortuari. Dalla prima all’ultima pagina.
E, alla fine di ogni periodo diceva “Capisci? Capisci Marià?”.
La pazienza di Marianzela era superiore a tutto. Alla mia curiosità, alla determinazione di nonna Buciana di farmi conoscere il paese, alla tenacia di Mastru Capisci che non beveva neppure un sorso d’acqua interessato com’era a conoscere il mondo e soprattutto a raccontarlo.
Quando tornammo a casa ero davvero convinto che doveva esserci qualcosa di speciale fra quei due, che almeno uno fosse davvero innamorato.
Ma non potevo capire quale, e non riuscii a capirlo neanche successivamente, neppure adesso.
(10 giugno 2014, reloaded)